Cos’è la sindrome di Cassandra, le origini del mito greco e l’analisi psicologica
Frasi come “domani perdiamo” oppure “ecco, lo sapevo, non ce la farò mai” sono affermazioni classiche del pessimista, di coloro che vedono sempre qualcosa di negativo nel futuro che verrà, di coloro che soffrono della sindrome di Cassandra.
Alle volte capita che questo pessimismo diventi anche la scusa per non fare mai nulla più del necessario, di non rischiare mai, di mantenere la propria vita su dei binari sicuri, ma questo modo di vivere alla lunga diventa poco appagante e può anche essere causa di depressioni e stati d’ansia.
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Ma chi era Cassandra? Perché dal suo nome nasce questa patologia?
Iniziamo questo articolo con un mio brevissimo video dove vi parlo della sindrome di Cassandra:
Cassandra: origine del mito e psicologia
Il mito della Sindrome di Cassandra nasce dalla mitologia greca, come nel caso del complesso di Edipo. Nella mitologia greca, ma più esattamente nell’Iliade di Omero, Cassandra era la figlia di Priamo, re di Troia, ed era talmente bella ed affascinante che ad innamorarsene fu niente meno che Apollo, divinità del sole e figlio di Zeus.
Apollo era talmente innamorato di Cassandra che le faceva una corte serrata, ed un giorno arrivò a donarle il potere della preveggenza ma Cassandra continuava a rifiutare le avances di Apollo facendolo quindi infuriare, e per vendetta egli scatenò su di lei una maledizione.
Da quel giorno in avanti infatti Cassandra avrebbe continuato a prevedere il futuro, ma nessuno avrebbe mai creduto alle sue profezie.
Questo termine, “Sindrome di Cassandra” fu usato per la prima volta nel 1949 dal filosofo francese: Gaston Bachelard riferendosi alla convinzione che il destino possa essere conosciuto in anticipo.
Ecco quindi che chi soffre della sindrome di Cassandra è inteso come “colui che non viene creduto“, cioè il pessimista che ovunque vede qualcosa di negativo.
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Queste persone vorrebbero anche provare ad emergere, ma cadono vittime delle loro stesse profezie (“non succederà mai”, “vedrai che…”) in quanto una profezia altro non è che una previsione che si realizza veramente solo per il motivo per cui è stata formulata.
In sintesi, se sei pessimista, se credi veramente di non riuscire a fare una cosa, non ci riuscirai mai, e questo ci porta dritti al concetto di autostima.
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Sindrome di Cassandra e autostima
Con la sindrome di Cassandra ci si sente svalutati, si cerca sempre l’approvazione degli altri perché non c’è fiducia in se stessi, ma questa ricerca continua di essere approvati è un cane che si morde la coda, in quanto si basa sempre sulle profezie negative che poi…si avverano.
Questo succede perché chi soffre di questa patologia tende a sviluppare un meccanismo inconscio che porta a creare situazioni favorevoli a far avverare le previsioni negative, andando così a rafforzare quella mancanza di autostima preesistente.
E’ anche un modo per non uscire mai dagli schemi, di non rischiare mai.
Se ad esempio ci invitano ad una gita e voi cominciate con “forse pioverà”, o “mi farà sicuramente male la macchina”, è solo un modo per tenere la situazione sotto controllo, perché se ciò si avvera vi sentite in qualche modo pronti.
Questa scarsa autostima si riflette poi anche nelle relazioni sentimentali, in quanto ci si sente come se non meritassimo l’amore del nostro partner.
Come abbiamo visto, quindi, le Cassandre sono quelle persone che prima profetizzano una disgrazia (“mi tradirai!”) e poi mettono in atto in maniera inconscia dei comportamenti tali da far realizzare la profezia, a volte anche con autolesionismo.
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I pensieri negativi alla lunga sono logoranti ma soprattutto fanno si che la visione della vita diventi in qualche modo catastrofica, si fanno previsioni negative ma allo stesso tempo si fa di tutto perché si avverino, in una sorta di paranoia continua.
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Queste persone nei casi più gravi rientrano quindi nei comportamenti ossessivo-paranoici, e potremmo distinguere 3 tipologie di profilo:
- Legato ad un avvenimento passato
- La paura del rifiuto
- Paura del futuro
Nel primo caso, un insuccesso del passato ha azzerato la mia autostima, per cui profetizzando altri insuccessi e facendo di tutto perché accada mi sento meno a rischio di essere denigrato. Della serie “l’avevo detto io”.
Nel secondo caso invece ho semplicemente paura di essere respinto, ed isolandomi da solo faccio si che questo si avveri.
Nel caso della paura del futuro si profetizzano le paure più grandi proprio mettendo in atto dei meccanismi autolesionisti che paradossalmente fanno avverare queste paure.
Sindrome di Cassandra e psicologia del femminile
Cosa c’è di più attuale al giorno d’oggi del mito di Cassandra? Potrebbe essere il simbolo della poca comunicazione dove la verità potrebbe portare eventi negativi e non viene ascoltata emarginando coloro che ne possono diventare i messaggeri.
Ed ecco che Cassandra diventa l’archetipo femminile sminuito e inascoltato dalle società patriarcali come nell’antica Grecia, anche se le intuizioni erano giuste e proponevano soluzioni sagge e ragionevoli e oggi nella nostra comunicazione globalizzata e spettacolare sarebbe importante accedere alle informazioni con un giusto equilibrio tra chi parla e chi ascolta.
Indubbiamente la sindrome di Cassandra fa sentire le donne sottostimate nei vari ambiti della loro esistenza e alcune hanno costruito la loro identità seguendo regole di pregiudizi familiari o della società che sono i più condivisi come il fatto di essere considerate deboli, piagnucolose o vittimistiche.
Infatti sono donne che si chiudono in un cerchio vizioso basato sulla ricerca continua di approvazione e scarsa autostima e si sentono sempre responsabili di qualsiasi cosa succeda, con relativi sensi di colpa dove il rispetto e l’affetto degli altri è sempre meno percepito.
Sono quelle che vengono etichettate come “donne perfezioniste” che non si accontentano mai, vivono in uno stato d’ansia continuo dove l’imperativo è “mantenere il controllo” in qualsiasi occasione e anche per situazioni di scarsa importanza.
La sindrome di Cassandra porta la donna a sbagliare perché è quello che lei si aspetta e cercherà negli altri l’approvazione che lei stessa non si da mai. E’ un sentimento che la fa sottovalutare come se subisse una profezia che si auto adempie senza che lei possa farci niente e può portare a generare cambiamenti psicologici importanti come le distorsioni cognitive o errori di ragionamento che fanno interpretare le situazioni in modo estremo, negativo e senza sfumature.
Dipendenza affettiva
Pensando alla sindrome di Cassandra mi vengono in mente certe mie pazienti che mi portavano la loro sofferenza passata o attuale per relazioni finite che le avevano lasciate meravigliate e doloranti per aver finalmente scoperto, purtroppo sulla loro pelle, che l’ex partner era un egocentrico, narcisista che come un vampiro si era “succhiato” tutte le loro energie.
Infatti ci potremmo chiedere se veramente siamo le vittime di persone che ci sfruttano e ci fanno stare così male o se finalmente ci possiamo rendere conto che l’attrazione che proviamo per questo tipo di persone è una nostra scelta e che dobbiamo diventare responsabili della nostra vita e delle nostre decisioni.
Non è un incontro per puro caso quello che facciamo ed è la dipendenza affettiva che ci mette di fronte ad una scelta di un partner così sbagliato perché la percezione che ha di se stessa una persona dipendente affettiva è di scarsa stima e si concepisce come una persona che non merita amore e rispetto.
Le immagini negative che nel profondo hanno questo tipo di persone, comunicano che non merita amore e le portano a scegliere partner difficili, problematici, non empatici e poco disponibili affettivamente e che non faranno altro che confermarle il giudizio negativo che lei stessa ha.
Eccoci allora che diventano vittime di un carnefice perché pensano di aver bisogno di protezione e “lui” infonde la sicurezza che il dipendente affettivo non crede di avere non avendolo ancora sviluppato dentro di se e così si sottomette incastrandosi come un puzzle.
Allora con stupore le persone mi chiedono:” è possibile scegliere di chi innamorarsi?” Certo che no!
Però possiamo imparare così come quando prendiamo in mano una mela e la rigiriamo da tutte le parti per vedere se è sana e se ci può andare bene, così dobbiamo riconoscere e gestire la dipendenza affettiva per non farci più male e non rimanere nel ruolo di “vittime” e, specialmente, dobbiamo imparare a reagire e a curarci le ferite magari aiutate da una psicoterapia.
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Amore e Sindrome di Cassandra
La sindrome di Cassandra la troviamo anche nei rapporti con i sentimenti d’amore dove la relazione può diventare tossica perché si ha paura che succeda qualcosa di negativo perché non si è meritevoli dell’amore e della stima dell’altro e sono donne che finiscono per avere, in effetti, compagni che rispecchiano il pensiero che non valgono nulla.
Sono donne che non si fanno prendere sul serio e sono assoggettate a uomini che le usano e le sfruttano e alla fine, non ascoltando il loro istinto che le consiglierebbe di non entrare in quella relazione che le farà soffrire, cominceranno a manifestare sintomi psicosomatici come disturbi del sonno, pesantezza e fatica.
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Indubbiamente potrebbe anche essere una strategia inconscia che porta a mantenere sempre il controllo e a non lasciarsi andare a un lieto fine di felicità, perché potrebbe capitare qualcosa di spiacevole e pensare al peggio ci fa trovare pronti a quella cosa terribile che avverrà.
La sindrome di Cassandra porta a un brutto vivere perché sono donne che soffrono di gelosie e si tengono a distanza dai coinvolgimenti emotivi e si scelgono partner che rispecchiano il loro pensiero di non valere nulla e sono ossessionate dall’abbandono.
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Oppure molte donne si difendono cercando di fare quello che hanno subito da secoli, cioè fanno “gli uomini” prevaricando per affermarsi e sentendosi scomode nella propria femminilità senza riuscire ad approfondire, ad ascoltare e a tirare fuori le proprie emozioni.
Mi chiedo perché a tutt’oggi qualche donna ancora si sente scomoda nella propria femminilità e cerchi “l’uomo sfuggente” come partner cioè l’archetipo di Apollo bello ma dannato, distante emotivamente e che produce disagio emotivo e/o fisico.
Innanzitutto bisogna scavare nel passato, nella storia personale per capire attraverso quali meccanismi si è giunti ad avere un pensiero così disfunzionale e negativo magari facendosi aiutare da una psicoterapia psicoanalitica con una buona motivazione per prendere consapevolezza e abbandonando Cassandra al suo destino “mitologico”.
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Come uscire dalla sindrome di Cassandra: “Tessere la tela e non esserne imprigionate”
La cura alla sindrome di Cassandra è cercare di trasformare i dati che pervengono alla persona dalle “profezie catastrofiche” in dati della realtà quotidiana basati su “profezie reali” che potrebbero essere alternative e, di conseguenza, sia positive che negative.
Per uscire da questa patologia bisogna innanzi tutto volerlo veramente e mettendo in atto atteggiamenti positivi, cercando quindi di cambiare la visione della vita da negativa a positiva, cominciando dalle piccole cose.
Fare esercizio quotidiano di trovare qualcosa di positivo nelle varie situazioni è la strada giusta per migliorare l’atteggiamento verso la vita.
Se si voleva uscire ma la giornata è brutta e piovosa, si può utilizzarla per sistemare quella libreria che aspetta da mesi, trovando così comunque qualcosa di positivo da fare, senza avvilirsi sul divano.
Un altro consiglio potrebbe essere quello di imparare a gestire le situazioni senza per forza di cose volerle controllare. Liberandoci del pessimismo si riesce a vedere le situazioni sotto un altra luce, si impara a gestire meglio la paura di non riuscire, ma soprattutto si impara che è possibile riuscirci.
In effetti Cassandra aveva ragione per quello che riguardava il futuro, perché aveva avvertito i Troiani del cavallo di Troia ma nessuno le aveva creduto come succede a molti saggi che riescono a vedere oltre ma, come Cassandra restano inascoltati. E’ faticoso andare contro il pensiero comune e conforme degli altri e il rifiuto a credere è più semplice e comodo perché la negazione è la più potente difesa dall’ansia e dal senso di colpa.
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La sindrome di Cassandra ha nell’infanzia una figura paterna che non le ha dato abbastanza sostegno e attenzione plasmando un’identità che si forma sulla ricerca dell’approvazione degli altri, sulla mancanza di autostima e sul farsi carico di ogni responsabilità.
Capire che fare la Cassandra non porta nulla di buono nella nostra vita, è il primo e fondamentale passo per cambiare, in meglio e riuscire ad accettare il rispetto e l’amore da parte degli altri dimostrando quanto si vale e finalmente riuscire a gioire di tutto questo senza rimuginare o negare o sentire grosse frustrazioni e rendersi conto che se non ci riusciamo da sole anche intraprendere una psicoterapia può essere il primo passo per una qualità di vita migliore.
Per approfondire vi consiglio la lettura del mio articolo “Qualità della vita“
Per approfondire le cause e mettere in atto pensieri positivi, ti consiglio di leggere “Come eliminare i pensieri negativi“
Succede anche a te di non essere mai creduta e che poi puntualmente quanto da te predetto si avveri? Vuoi raccontare nei commenti un episodio in cui la tua profezia si è avverata?
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