La Pet Therapy, detta anche zooterapia, è una co-terapia che prevede l’utilizzo di animali da compagnia per la cura di specifiche malattie e problemi di comportamento. La relazione tra l’utente e l’animale diventa terapeutica in quanto veicolo di comunicazione efficace, migliorando da un punto di vista psicologico la vita dell’individuo.
È fondamentale che questo “dialogo” venga correttamente gestito sia dallo staff medico che ha in cura la persona che dal conduttore dell’animale in questione, tecnico opportunamente preparato all’incontro con ogni tipo di utenza.
Prima di arrivare a considerare l’animale fonte di supporto e di cura, l’uomo si è servito sempre degli animali per cacciare, nutrirsi, coprirsi o lavorare, rappresentando, dunque, aiuto e sostengo.
In Italia è da poco tempo che si è superato l’uso utilitaristico e alimentare dell’animale dove, nella cultura contadina, non era considerato alla pari dell’uomo come amico o compagno; oggi, invece, gli animali da compagnia rivestono un ruolo importante sia nella vita domestica che in ambito psico-terapeutico.
Le origini della Pet Therapy
Da quanto tempo la pet therapy è nata per curare patologie psicofisiche dell’uomo?
Ricordiamoci che gli animali sono stati accostati alle pratiche mediche sin dall’antichità: come in Egitto, i faraoni avevano Anubis, il cane sacro protettore della medicina o il gatto identificato con il dio Bast, dio della fertilità e della salute che veniva mummificato dopo la morte e altri animali appartenuti a santi cristiani come il gallo d’Esculapio o il cane di San Rocco.
Successivamente, già Ippocrate di Cos, fra il V e IV secolo a.C., aveva individuato che una lunga cavalcata era benefica, al fine di contrastare l’insonnia ed essere fisicamente e spiritualmente più ritemprati.
Anche in Inghilterra dal 1792, in Germania nel 1867 e in Francia nel 1875 i medici videro che la presenza e la cura degli animali influiva in persone che avevano bisogno di cure per epilessia o problemi neurologici; e nella seconda guerra mondiale si impiegarono animali per migliorare la riabilitazione dei soldati feriti.
Fu lo psichiatra Boris Levinson, nel 1953, a coniare il termine “Pet Therapy” a seguito di un episodio capitato nel suo studio. Durante una seduta con un bambino autistico, che aveva in cura da tempo con scarsi risultati, portò in studio il suo cane che cominciò a giocare con il piccolo paziente.
Ed ecco come per puro caso, grazie allo scambio ludico e affettivo con il cane che il piccolo mostrò emozioni così che lo psichiatra continuò ad usare il cane per rendere le sedute del bambino più piacevoli e proficue.
Da quel momento, per questa particolare forma di co-terapia, vennero utilizzati anche altri animali a scopo terapeutico, non solo per curare l’autismo ma anche altri disagi come l’ansia, la depressione o disturbi cardiovascolari.
Come funziona la zooterapia in Italia: i percorsi di terapia più diffusi
La zooterapia è approdata in Italia nel 1987 e nell’anno successivo in due convegni a Milano che sottolineavano il ruolo terapeutico degli animali con l’uomo e non solo nei soggetti psichiatrici.
Successivamente, nel 1996 presso la Fondazione Hollman a Verbania, è apparso uno dei primi programmi di terapia con gli animali e anche a Padova, la clinica pediatrica ha portato ai piccoli pazienti degli animali, creando la “Fattoria in ospedale”, facendoli accedere nelle corsie.
In seguito, un decreto legge nel 2003, pubblicato poi in Gazzetta Ufficiale ha stabilito le disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy.
Notiamo che attualmente l’espressione pet therapy è troppo generica e si identifica in attività come: Attività Assistite con Animali (AAA) che stanno ad indicare interventi di tipo ricreativo che cercano di migliorare la qualità di vita dei pazienti; oppure Educazione Assistita dall’Animale (AAE) che sottolinea il concetto di “educazione” piuttosto che “attività” e viene svolta spesso le scuole.
Infine, le classiche Attività Assistite con gli Animali (AAT) chiamate, in inglese, Animal Assisted Therapy (AAT) vengono inserite in progetti con obiettivi specifici ideati e seguiti da un’equipe multidisciplinare dove l’animale deve rispondere a determinati requisiti predefiniti per ogni utente.
Gli animali utilizzati in Pet Therapy
Gli animali utilizzati nella pet therapy devono essere scelti per le Attività Assistite con Animali e devono avere caratteristiche di prevedibilità, affidabilità, docilità, complicità e essere particolarmente adattabili a persone estranee e con problemi.
Naturalmente bisogna tenere conto anche delle esigenze dell’animale e le AAA e AAT devono essere condotte rispettando paziente, operatore e animale, il quale deve avere momenti di riposo e rilassamento facendo sì che possano essere considerati dei co-partner.
L’addestramento dell’animale dipende dalla professionalità e sensibilità del suo conduttore. Per capire se un animale è ben addestrato e può essere utilizzato nella zooterapia, occorre consultare la Delta Society, un’organizzazione internazionale, che definisce le regole per l’addestramento degli animali, la formazione degli operatori e i test per valutare se la coppia conduttore/animale ha tutte le capacità per poter partecipare a un programma di pet therapy.
È un’equipe multidisciplinare quella che assiste la coppia conduttore/animale dove il medico e lo psicologo indicano gli obiettivi per migliorare le condizioni psicofisiche dei pazienti con un terapista della motricità e un veterinario con formazione specifica nel settore.
Indubbiamente le esperienze maggiori di pet therapy vengono eseguite con cani (dog therapy) ma anche con altri animali domestici come gatti, criceti, cavalli (ippoterapia), delfini, uccelli e conigli.
Di recente si è cominciato a parlare di zooantropologia, una disciplina nata negli anni ottanta, che ha lo scopo di mettere in contatto e studiare il rapporto uomo-animale per riuscire a capire gli aspetti biologici, psicologici e sociali che regolano questa relazione.
La zooantropologia consta di tre specializzazioni:
- Teorica che studia il rapporto uomo-animale nelle sue evoluzioni e prestazioni;
- Sincronica dove viene osservato il rapporto uomo-animale nelle varie situazioni e motivazioni;
- Applicata che cerca di concretizzare i risultati degli altri due ambiti per riuscire a evidenziare la pertinenza della relazione.
I benefici della Pet Therapy
Proprio dalla zooantropologia possiamo rispondere ad alcune domande come: quali benefici reca la pet therapy? È solo moda o porta benessere e salute all’uomo?
Nelle case degli italiani vi sono milioni di animali e ciò dimostra quanto abbiamo bisogno di loro, e questo è dato dall’esigenza del rapporto affettivo di cui abbiamo necessità, e, in più, questo rapporto si confronta con la “scala” dei bisogni umani di sopravvivenza, di sicurezza, amore, affetto, autostima e realizzazione personale:
- Bisogno di sopravvivenza e sicurezza: dalla preistoria l’animale ha sempre aiutato l’uomo come fornitore di alimenti, lavoro, pellicce, trasporto, caccia, lana e allevamento e come animale da guardia per la casa e le greggi e difesa del cibo (gatto cacciatore di topi).
- Bisogno di amore e di legami affettivi: è proprio questo “bisogno” che è alla base della pet therapy per aiutare bambini, anziani, persone sole ad avere un buon equilibrio psico-fisico.
- Bisogno di autostima e realizzazione personale: attraverso il rapporto che si crea tra l’affettività e l’apprezzamento che dimostrano alcuni animali verso il loro padrone in maniera incondizionata o la realizzazione personale e l’autostima del loro padrone aumenta nel successo di esposizioni, allevamenti e mostre.
- Gli effetti terapeutici della pet therapy portano anche a calmare l’ansia, a normalizzare la pressione e a superare stress e depressione.
Indubbiamente oggi gli animali da compagnia possono aiutare ad avere una salute psichica e fisica buona sia come prevenzione che come terapia nella Pet Therapy.
Pet Therapy e disabilità
La pet therapy diventa di assistenza istantanea più che di vera terapia o prevenzione quando siamo in presenza di handicap fisici e psicomotori e l’uso degli animali da compagnia è fatto proprio per supportare la persona e migliorare la qualità di vita.
Naturalmente sono animali di supporto e sostegno addestrati a sostituire la parte del corpo invalida del disabile per aiutarlo nella vita quotidiana e non devono essere confusi con quelli usati nella pet therapy per prevenzione e terapia.
Indubbiamente la parte di supporto psicologico ha importanti effetti sul disabile e pensiamo, ad esempio, al cane guida per i ciechi o per l’assistenza per tetra e paraplegici, spastici o malati di sclerosi multipla con limitazioni nei movimenti dove i cani sono addestrati a eseguire 90 ordini per sostituire gambe e braccia.
Oltre a aiutare il padrone disabile nella parte fisica, influisce positivamente sulla sfera psicologica e sociale assumendo un ruolo anche terapeutico togliendolo dall’autoisolamento, offrendogli affetto e amicizia senza pietismi e rendendolo indipendente superando anche il senso di frustrazione.
Pet Therapy e autismo
La pet therapy è molto utile ai bambini autistici perché riesce a “bucare” il loro mondo fatto di isolamento e paura grazie all’approccio che hanno gli animali fatto di semplicità e sincerità.
L’autismo è una patologia che rientra nel quadro dei disturbi dello sviluppo e colpisce il normale sviluppo delle abilità sociali, comunicative e cognitive degli individui e si manifesta prima dei tre anni e non ne sappiamo le cause che lo provocano né le motivazioni che lo determinano.
Infatti, nella pet therapy, l’animale diventa il ponte di comunicazione tra il bambino e il suo psicoterapeuta perché stimola dei processi d’identificazione dove il piccolo trasferisce sull’animale alcune tratti caratteriali di sé stesso.
Non dobbiamo scordarci che nella pet therapy la funzione dell’animale è proprio quella di essere il mediatore tra bambino e psicoterapeuta proprio per agevolare la comunicazione (anche non verbale) visto che l’autismo colpisce le aree del linguaggio e della comunicazione.
Animali, come il cane ma anche il cavallo e il delfino sono molto usati con l’autismo, poiché l’animale è vissuto dal bambino non come una minaccia, come invece può essere una persona e arricchisce di stimoli sensoriali e relazionali il mondo chiuso del paziente.
Lo stesso Sigmund Freud vedeva spesso i suoi pazienti con il suo cane di razza chow-chow di nome Jofi osservandolo nelle reazioni che aveva verso le persone e le reazioni che produceva nei pazienti.
Sicuramente i bambini affetti da disturbi dello spettro autistico che vivono con un cane hanno maggiori competenze sociali proprio perché lo vivono come un amico con cui aprirsi e comunicare.
Pet Therapy con gli anziani
Sappiamo che in Italia ci sono 14 milioni di anziani over 65 anni e siamo la popolazione più vecchia d’Europa e la società del domani dovrà farsi carico di interventi sanitari, economici, culturali e ricreativi di una parte così consistente di popolazione.
Ecco come la pet therapy rappresenta un valido aiuto all’anziano e quindi a tutta la comunità perché i fenomeni fisiologici dell’invecchiamento portano la persona ad avere difficoltà a muoversi, a non poter essere di aiuto ad altri e, di conseguenza, a sentirsi insoddisfatti.
Infatti la mancanza di stimoli sociali e il degradarsi del fisico con l’udito e la vista che si abbassano, creano una specie di disorientamento e isolamento psicologico ed emozionale.
È per questo che l’animale domestico diventa un compagno ideale dal punto di vista psicologico perché contribuisce a farlo sentire ancora utile e indispensabile per doversi occupare attivamente dell’animale.
La compagnia di un cane porta l’anziano a dover fare attività fisica per portarlo tutti i giorni a passeggiare dove incontrerà altri padroni di cani con i quali parlare e intrattenersi creando piccoli ma importanti incentivi alla socializzazione.
Oltre a questo vi sono degli studi che dicono che tra i pazienti che hanno avuto un infarto i proprietari di animali da compagnia hanno più probabilità di vivere più a lungo, così come ci può essere una modica riduzione della pressione sanguigna.
Possiamo quindi dire che gli animali e le AAA (attività Assistite con Animali) diventano validi aiuti poiché:
- Ridanno la fiducia in sé stessi producendo anche ottimismo e affetto;
- Costituiscono fonte di supporto sociale e danno un senso di protezione;
- Stimolano il senso di utilità e responsabilità e sono fonte di attività fisica.
Controindicazioni alla pet therapy: chi non può fare zooterapia
Naturalmente, anche se la pet therapy è indicata per tantissime situazioni migliorabili sia dal punto di vista fisico che psichico, ve ne sono alcune che indicano una controindicazione alla zooterapia.
Indubbiamente è sconsigliata in presenza di allergie al pelo dell’animale o carenze di difese immunitarie perché spesso gli animali sono portatori di parassiti e germi che potrebbero essere pericolosi per l’uomo.
Inoltre, la pet therapy potrebbe essere un problema per pazienti ipocondriaci che hanno paura di contrarre dall’animale qualche malattia o persone con disturbo ossessivo compulsivo con manie dell’igiene.
Altre controindicazioni sono per coloro che soffrono di gravi deficienze mentali (oligofrenia) o psicosi maniacali dove c’è anche un rischio per l’animale perché questi soggetti potrebbero sfogare su di lui la loro aggressività e infine anche per chi soffre di zoofobia, cioè la paura del contatto con gli animali.
Dog therapy: come un cane può aiutare a combattere la depressione
Sappiamo che sono numerose le ricerche che confermano come gli animali producano benefici nella cura e nella prevenzione di problemi psicologici e molti studi evidenziano come sintomi di ansia e depressione hanno una minore rilevanza tra le persone che possiedono un animale da compagnia e l’efficacia che producono nella co-terapia.
Gli animali che vengono scelti per la pet therapy devono avere particolari qualità e caratteristiche come il fatto di riuscire ad entrare in contatto con persone estranee e con problematiche o situazioni di forti rumori o di comportamenti imprevisti dove l’animale deve dimostrare capacità di controllo.
Le persone depresse hanno per il loro animale un grande attaccamento e se nella depressione si associano malattie fisiche croniche, gli animali da compagnia costituiscono una presenza ancora più importante degli amici o dei famigliari.
Quindi la dog therapy può essere effettivamente un ausilio terapeutico valido, privo di effetti collaterali e produce stimoli e motivazioni per attività, contatti sociali e riduce tensioni e ansie che sono spesso la base delle depressioni.
Per approfondire questo argomento, leggi il mio articolo sulla “Depressione“
Depressione per la perdita del proprio cane
Sicuramente la depressione per la morte del cane è un lutto pesante che deve essere elaborato come tutti i lutti e deve essere accettato attraverso le varie fasi che si creano senza vergognarsi del dolore e delle lacrime che sono naturali e normali.
Indubbiamente è la perdita di un amico, di un compagno e di un membro della famiglia che durante i vari anni trascorsi insieme è diventato parte di te, ha partecipato alle tue gioie e dolori senza chiedere niente in cambio.
È normale stare male, non si è pazzi o strani se la sofferenza della perdita ci mette in una situazione tale da cadere in una depressione perché il nostro amico era una costante della nostra esistenza e chi non lo ha vissuto non può comprendere il legame simbiotico che si crea tra animale e suo proprietario.
C’è un esempio eclatante dove il famoso filosofo Arthur Schopenhauer cadde in una pesante depressione quando gli morì il suo cane e che migliorò quando gli arrivò un altro barboncino e lui affermò che preferiva un colloquio a tu per tu con il suo nuovo amico che grandi discussioni con essere umani.
Come superare la morte di un animale domestico
È normale stare così male per la morte di un animale da compagnia? Sono folle o troppo sentimentale? No, non si è pazzi o strani, è giusto sentire questo dolore per un animale che ci ha accompagnato nella nostra vita con amore incondizionato.
Come per tutti i lutti bisogna avere la pazienza di aspettare, col tempo si elaboreranno i momenti belli senza rimpianti o sensi di colpa e piano, piano la grande tristezza si trasformerà in dolce nostalgia.
Quando saremo pronti possiamo dirigerci alla prossima avventura che non deve essere un animale “sostituto” o che fa dimenticare quello che c’era prima, ma un nuovo amico che ci seguirà nel nostro viaggio e ci darà nuove soddisfazioni e gioie.
Disturbo ossessivo-compulsivo e animali domestici
Sappiamo che il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni dove le ossessioni sono pensieri molto disturbanti e continui che portano la persona a difendersi mettendo in atto compulsioni, cioè comportamenti ripetitivi per alleviare il disagio che si è creato da quel pensiero.
Per queste persone c’è la paura di contaminare il proprio animale da compagnia facendolo ammalare, o la paura di essere contaminati dall’animale, oppure il timore potrebbe essere quello di arrecare un danno accidentale o di fargli del male intenzionalmente.
Tutto questo non è un amore eccessivo per gli animali e nemmeno un amare troppo gli animali ma fa parte delle ossessioni di questo tipo di pazienti. Queste ossessioni possono portare la persona a eseguire dei riti perché non accada tutto ciò, ma come in tutti i DOC c’è la necessità di un intervento psicoterapico per cercare di aiutare il paziente a trovare delle strategie per gestire i pensieri ossessivi.
Per approfondire questo tema, leggi il mio articolo sul “Disturbo ossessivo compulsivo“
Attaccamento morboso: il cane nelle coppie che non possono avere figli
Cosa può essere considerato un attaccamento morboso, non sano e naturale per il proprio cane? Cosa si prova nella separazione dal proprio cane?
Il rapporto con un animale è un amore incondizionato senza doppi fini o giudizi, dove siamo accolti e amati e dove ci potrebbe essere la proiezione delle nostre parti più infantili e indifese che non siamo riusciti a integrare con l’identità adulta.
Quali bisogni psicologici cerchiamo di compensare con un animale? Certamente un rapporto sano non può sostituire la mancanza di un figlio perché diventerebbe morboso, e confondere i ruoli sostituendo totalmente un figlio con la presenza di un animale da compagnia, non porta a un corretto piano di realtà ma a una personalità patologiche.
Papa Francesco ha detto: “La pietà non va confusa con la compassione per gli animali che vivono con noi, accade infatti che a volte la si provi verso animali e si rimanga indifferenti di fronte alle sofferenze dei fratelli”.
Indubbiamente posso affermare che a volte ho consigliato dei pazienti di prendere un cucciolo prima del figlio per sperimentare la propria efficienza genitoriale ed è stata un’esperienza molto proficua e positiva.
Pet generation e antropomorfismo
L’amore per i nostri amici a quattro zampe ci può portare ad attribuire qualità e caratteristiche umane a certi loro comportamenti trasformando il loro linguaggio con il nostro e facendoli diventare animali umanizzati.
Questo atteggiamento prende il nome di antropomorfismo dal greco “antropos” cioè umano e “formè”, cioè forma ed è causato dall’ignoranza dell’etologia e della psicologia dell’animale.
La tendenza a umanizzare il cane di casa può generargli confusione perché ha bisogno per sentirsi bene, di regole e limiti e noi dobbiamo essere la sua guida, il suo capo branco per dargli sicurezza.
L’umanizzazione del cane crea ansia all’animale che lo potrebbe far diventare aggressivo, con ansia da separazione e comportamenti compulsivi e ripetitivi che dimostrano tutto il suo malessere.
Non possiamo aspettarci che il cane o altri animali da compagnia, pensino come gli umani e non dobbiamo valutare il loro comportamento, usando i nostri valori perché le loro emozioni e motivazioni sono diverse dalle nostre.
Se vogliamo dare della felicità e amore ai nostri animali cerchiamo di imparare dagli esperti com’ è il loro linguaggio e la loro psicologia e applicarle non cercando la nostra gratificazione come se fossero giocattoli, ma nel rispetto delle loro caratteristiche e diversità di “animali”.
Bibliografia
Levison B. “The dog as Co-Therapist” 1961, articolo
Ballarini G. “Animali Amici della salute- curarsi con la Pet Therapy” Xenia Edizioni, Milano, 2005
Pergolini L. Reginella R. “ Educazione e riabilitazione con la Pet Therapy” Erickson, Trento, 2009
Marchesini R. “Pet Therapy manuale pratico”, De Vecchi Edizioni, Firenze, 2015
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