Voglio essere felice
Felicità e infelicità sono due sentimenti opposti perché non esiste la luce senza il buio, così non conosciamo la felicità senza aver provato l’infelicità.
Direi di introdurre questo articolo con un mio brevissimo video, ti va di vederlo?
Felicità nella storia
Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America:
“Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili; che fra questi vi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”.
Non tutti siamo attrezzati nella stessa maniera per essere felici, anzi il fatto di essere obbligati alla continua ricerca del “come essere felici” ci mette subito nell’infelicità dovuta all’ansia della ricerca e alla frustrazione di non riuscirci.
A volte questa continua ricerca della felicità può anche farci entrare nel tunnel della depressione.
Felicità in filosofia
Aristotele spiegava che la felicità avviene quando realizziamo noi stessi ed è un bene supremo cui l’uomo deve aspirare nella vita e al cui raggiungimento deve essere orientato il suo agire.
Aristotele ci dice che le nostre azioni hanno come fine un bene, ma essendo molteplici e diverse anche il fine è diverso e molteplice a seconda delle azioni compiute.
Definizione di felicità su Wikipedia
La felicità può essere la realizzazione di un desiderio, la soddisfazione di vederlo conseguito.
Sotto il profilo psicologico, la felicità può essere la condizione conseguente la soluzione di un problema fatto che produce appagamento e quindi gioia.
La felicità si sviluppa sia in senso intellettuale che materiale, sia fisico che psichico, si affettivo che emozionale.
Per fare degli esempi pratici su come il valore della felicità cambi anche in virtù della cultura e del contesto ambientale, essa può essere il sorriso di un bambino o l’acquisto di una villa con piscina; un matrimonio o la conquista dell’Everest; la pace dei sensi o la vittoria ai mondiali di calcio.
La felicità può essere considerata come il provare ciò che esiste di bello nella vita. Non è un’emozione oggettiva, né è casuale come un evento del destino, ma è una capacità individuale da scoprire. Come insegna la cultura popolare (ad esempio nel famoso proverbio “Meglio un uovo oggi che una gallina domani”), la felicità non è un inseguimento dei sogni futuri, ma al contrario è il cercare di godere di quello che si possiede nel presente.
Spesso i cosiddetti “falsi idoli” (ovvero i soldi, il benessere corporale, la fama, il successo, il potere) sono considerati fonte di felicità, ma secondo talune teorie questo atteggiamento crea solamente più ansia che è in contrasto con lo stato della felicità.
Il raggiungimento di un falso idolo può provocare solo una gioia effimera, poiché più si conquista una cosa più ne cresce il desiderio.
Un compito importante della psicologia è trovare i tratti e le esperienze positive, che aiutano la persona ad essere più felice e integrata con gli altri esseri umani e con tutto il creato, nel mondo. Le credenze, la fede e altri principi sono fondamentali.
Lo studio della vita cristiana in rapporto alla psicologia è oggi per questo frequente e utile.
Wikipedia
Cos’è la felicità e l’infelicità
Cos’è la felicità e cos’è l’infelicità è una domanda alla quale ognuno risponderebbe in maniera diversa (filosofica, religiosa, corporea, relazionale) e, quindi, dobbiamo rivolgerci al significato etimologico.
La parola italiana felicità deriva dal latino felicitas che ha la stessa radice di fecunditas e, quindi, felice e fecondo sono originariamente assimilabili.
In francese heureux significa contemporaneamente felice e fortunato, in inglese luke è sorte buona o malvagia e analogamente happy ha origine da to happen che significa accadere.
La felicità, come ci spiegano le etimologie, non è programmabile e non possiamo organizzarla e cerchiamo di perseguirla, confondendola con la soddisfazione di un bisogno, con un prolungamento infinito di un desiderio.
Da sempre la felicità ha moltissime definizioni perché per alcuni è avere una sensazione perfetta nell’animo, o per altri avere tutte le cose desiderate o essere nel pieno del termine o riconoscerla solo quando la si perde o, come scriveva Giacomo Leopardi, come un semplice intervallo tra due dolori.
Se guardiamo gli spot pubblicitari dovremmo essere felici solo comperando quello che ci consigliano.
I rapporti sociali, il lavoro, i divertimenti e gli affetti familiari sono aree dove è possibile costruire le fonti di felicità che, però, è dovuta anche a un importante fattore di personalità così come è per la depressione e l’ansia.
I filandesi e il World Happiness Report
I finlandesi sono, secondo il rapporto di World Happiness Report, i più felici e questa felicità si è trasformata ed evoluta negli ultimi dodici anni, concentrandosi su tecnologie, norme sociali, politiche governative, generosità e sugli effetti di felicità dell’uso di internet e delle dipendenze.
I finlandesi sono rilassati e allegri senza essere troppo stressati dalla vita con un rapporto con la bellissima natura che hanno, fatta di aurore boreali, cascate e paesaggi da favola, che li aiuta nell’ essere felici.
Come si può misurare la felicità
La novella di Lev Tolstoj “La camicia della felicità” può farci capire la differenza tra felicità e soddisfazione del bisogno e come si può misurare la felicità:
C’era una volta un re ammalato che promise di dare metà del suo regno a chi lo guariva.
Nessuno ci riuscì fino a quando arrivò un sapiente che disse “Trovate un uomo felice, toglietegli la camicia e fatela indossare al re che ritroverà la felicità”.
Il re mandò gente per tutto il regno ma nessuno riuscì a trovare un uomo totalmente felice perché chi era ricco era ammalato o chi aveva figli cattivi o mogli perfide e si lamentavano tutti.
Una sera il figlio del re passando davanti a una casupola sentì un uomo che diceva “ Oggi ho lavorato e ho guadagnato e ora vado a dormire perché non ho bisogno d’altro”
Il figlio del re mandò i messi con del denaro per avere la camicia di quell’uomo felice ma non poterono farlo perché quell’uomo felice non indossava neppure la camicia.
Freud scrive che “La felicità è qualcosa di assolutamente soggettivo” e sembra che a chi gli chiedeva cosa servisse per una vita felice abbia risposto “Buona salute e memoria corta”.
Penso che Freud intendesse riferirsi al fatto che per essere felici bisognasse avere uno sguardo più rivolto al presente e al futuro che al passato che deve essere risolto, senza rimozioni, sgombrato e poi rimesso al suo posto perché la felicità è una condizione del presente.
Sentirsi infelici e cadere nella tristezza
Sentirsi infelici e cadere nella tristezza accade quando il dolore improvviso e inaspettato fa irruzione nella vita di persone felici e spesso viene negato o somatizzato.
La persona si sente colpevole di questa infelicità e non comprende che dovrebbe accettare tutto questo senza farsi travolgere.
Bisogna affrontare la disperazione con una nuova energia positiva cercando di accettare una normale infelicità per raggiungere una felicità che abbiamo dentro e che, forse, spaventati, non riconosciamo.
Il successo, il potere, i soldi sono viste come condizioni per la felicità ma, poi, ci rendiamo conto che non è così perché è il “devo essere” che ci condiziona e ci dona una inadeguatezza esistenziale che ci porta all’infelicità.
Non ci può essere una “cultura della felicità” dove “devo avere tutto”, una specie di ingiunzione alla felicità che spesso vediamo nei messaggi pubblicitari, ma devo anche accettare le piccole infelicità che possono portare a capire meglio gli altri e a entrare in empatia con loro.
Perché siamo infelici?
Di contro, però, a volte siamo noi a scegliere di essere infelici.
Infatti molto spesso la risposta alla nostra infelicità la troviamo nel lavoro che non ci piace, nei problemi economici, oppure nei problemi sentimentali.
Ma sono loro i veri motivi della nostra infelicità o sono solo nostre convinzioni?
Non sono solo una scusa per la nostra infelicità alla quale ci vogliamo aggrappare?
Troviamo sempre che ci sia qualcuno o qualcosa che ci mette i bastoni tra le ruote, non è mai colpa nostra ma sempre di qualcun’altro, pensiamo che siano gli eventi negativi a farci provare emozioni altrettanto negative, senza mai pensare che sia il nostro approccio a tali eventi ad essere sbagliato.
Tutto si rifà ad una semplice equazione:
Ad un evento corrisponde una reazione, e ad essa a sua volta corrisponde un emozione.
In poche parole, dobbiamo cercare di essere noi a controllare le nostre emozioni e non viceversa, impariamo a gestire le situazioni, a scegliere le nostre emozioni.
Ci sono in particolare alcuni punti caratteristici di chi cerca l’infelicità.
Tra queste caratteristiche una è quella di avere aspettative sempre troppo alte, cioè ci si aspetta chi sa cosa da una persona o da una situazione e poi la realtà è per noi deludente.
In questo caso non è che non dobbiamo avere aspettative, però dovremmo essere più realisti, più con i piedi per terra.
Un altra tipicità degli infelici cronici è quella di fossilizzarsi sulle cose negative senza vedere o considerare quelle positive, gli aspetti felici della nostra vita.
Forse bisognerebbe concentrarsi di più su quello che va bene, e quello che non funziona mettersi d’impegno per cambiare le cose.
Insomma nelle occasioni importanti almeno dimenticate le cose tristi e focalizzatevi su quelle belle.
A Natale cercate di essere felici!
Un altra cosa ancora che affligge gli infelici è l’opinione altrui, ed in caso di scarsa autostima una cattiva opinione è come un mattone in faccia, ci abbatte e non riusciamo a tirarci su.
Dovete credere di più in voi stessi e nelle vostre capacità di realizzare i vostri sogni.
Cherofobia: la paura di essere felici
Il significato della parola cherofobia deriva dal greco chairo (rallegrarsi) e phobia (paura), quindi la paura di essere felici, di rallegrarsi.
Il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) non la riconosce come un vero e proprio disturbo mentale e viene annoverato tra i disturbi d’ansia.
La persona che soffre di cherofobia ha un vero e proprio timore di vivere situazioni che possono portarla all’euforia e alla felicità e cerca di fuggire da tutto questo per il timore che possa succedere un avvenimento doloroso che la porti all’infelicità.
Sono persone fondamentalmente pessimiste che spesso hanno questo disturbo in concomitanza di altri disordini mentali e con una storia infantile dove la felicità era seguita da punizioni che distruggevano la gioia e arrivava la tristezza.
Spesso questi pazienti hanno come meccanismo di difesa l’idiosincrasia verso tutte le situazioni che possono renderli felici per paura che, poi, possa accadere qualcosa di funesto.
La paura di essere felici li fa diventare persone introverse e isolate dal resto del mondo e diventano ansiosi e diffidenti.
Quando la paura e l’ansia diventano così pesanti da interferire sulle normali attività di vita, diventano consapevoli che si devono curare e intraprendere una psicoterapia che risolva i traumi del passato e calmi le situazioni d’ansia molto forti.
La felicità e le emozioni positive
La felicità può essere intesa come una vita appagata con delle emozioni positive intense e frequenti dove, però, c’è, oltre la gioia, l’angoscia data dall’ansia e dalla tristezza di altre situazioni che possono arrivare ma che non devono distruggere le precedenti.
Le relazioni sociali sono molto importanti per la felicità perché possono darci la gioia di sapere che hai qualcuno che ti aiuta e che partecipa alla tua vita, così come è per rapporti più stretti come il matrimonio o la convivenza.
Il lavoro è un altro ambito dove si può essere felici anche se non ci piace perché la disoccupazione porta a problemi fisici e psichici pesanti e viene vissuta come un fallimento.
Anche le attività extra lavorative come il divertimento possono essere più appaganti e divertenti del lavoro perché procurano sicurezza sociale, identità, sviluppo di capacità e rilassamento.
Assertività come tecnica per essere felici
L’assertività dal latino “asserere” cioè asserire, è la capacità che ha una persona ad esprimere le proprie idee senza offendere gli altri, senza prevaricare ma con equilibrio.
Ogni persona ha un modo di porsi di fronte agli eventi che gli capitano secondo la sua personalità:
- Passivo: è una persona che resta sempre in disparte, non prende mai iniziative, ha paura di esprimere le sue idee e ha timore del giudizio degli altri.
- Aggressivo: cerca sempre di sopraffare gli altri pensando di avere sempre ragione e non ascolta ma reagisce aggredendo con tutto il corpo e alzando la voce.
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Assertivo: è una persona sicura di se, con una buona autostima e può parlare con gli altri senza prevaricarli e senza manipolazioni.
Cosa rende felici le persone
Rendere felici le persone dipende anche dalla loro tendenza all’estroversione, a non avere grandi conflitti interiori, ai buoni rapporti sociali, al lavoro e all’organizzazione del tempo libero.
Esistono individui con personalità tendenti alla costante gioia e felicità anche se vivono eventi differenti che potrebbero portarli alla tristezza, perché percepiscono meglio le gratificazioni e hanno un’alta autostima.
La religione, la felicità di coppia e la salute, per gli anziani, sono sicuramente fattori determinanti per la felicità.
La gioia è uno stato d’animo positivo che porta ad affrontare e a risolvere le difficoltà in modo produttivo completamente diverso da chi è triste o ha un umore infelice e la persona felice è più disponibile, altruista e generosa.
Le personalità positive costruiscono pensieri positivi che portano a cercare soluzione ai problemi e hanno comportamenti più altruistici e più predisposizione a vedere le qualità divertenti e simpatiche degli altri e producono appagamento, quindi felicità, nei confronti della vita.
La ricerca della felicità
La ricerca della felicità è la pietra filosofale che tutti cercano e non riguarda determinate età o differenze tra i sessi, e da uno studio di Michael Argyle, risulta che:
- Le donne hanno più emozioni negative e sentimenti più intensi.
- Le donne giovani e gli uomini anziani sono più felici.
- Gli scapoli sono meno felici.
- Gli uomini sono molto appagati nei confronti del rapporto di coppia.
- Le donne sono più appagate dalla rete dei rapporti sociali.
- Gli uomini traggono un maggiore appagamento dal lavoro, ma anche più insoddisfazioni.
- Le donne hanno meno salute ma sono più longeve perché hanno meno stress, fumano e bevono poco e fanno più prevenzione.
- Le donne hanno maggiore livello di depressione e di ansia.
La salute è strettamente connessa alla felicità, specialmente per le persone anziane, e il rapporto di coppia, i legami sociali basati sulla confidenza e il sostegno, aumentano le difese immunitarie.
Il lavoro influisce sull’appagamento come il divertimento e l’attività sportiva, che è una delle più importanti fonti di benessere e è positiva per la salute fisica e mentale.
Come essere felici
Come essere felici non dipende da fortuna o sfortuna ma da un processo che avviene dentro noi stessi e possiamo allenarci per ottenere questo benessere attraverso “pillole” di felicità che dobbiamo assumere ogni giorno.
Dobbiamo incrementare gli stati d’animo positivi pensando ad avvenimenti piacevoli che abbiamo vissuto per diventare felici e soprattutto vivere felici.
Possiamo assistere a film divertenti e leggeri o guardando la televisione o ascoltando una musica che ci attira.
Pensiamo e, magari, scriviamo, cosa abbiamo fatto con gioia o come abbiamo fatto a divertire qualcuno che ci è caro.
Gli effetti saranno brevi ma ci possono insegnare, se intrapresi regolarmente, ad affrontare un pensiero positivo che darà felicità alla nostra giornata.
Avere buoni rapporti con gli altri è fondamentale per essere felici così come vivere felici in coppia e trovare le strategie per mantenere la felicità della coppia.
Coinvolgere nella nostra vita anche i parenti, i colleghi e i vicini cercando, per ottenere ciò, di migliorare le nostre abilità sociali.
Altre fonti di appagamento di felicità sono il lavoro dove esercitiamo le nostre qualità verso i colleghi e le attività ludiche che, oltre a derivare dalle proprie capacità di successo, ci danno un senso di appartenenza e di identità.
E’ possibile definire scientificamente la felicità?
Per definire scientificamente la felicità bisogna osservare una determinata area del cervello scoperta dai giapponesi con la risonanza magnetica.
Hanno individuato un’area cerebrale che è preposta alla sensazione della felicità, cioè il precuneo che , secondo le sue dimensioni, potrebbe influire sulla quantità di felicità di una persona.
“Il precuneo è la regione del lobulo parietale superiore posta davanti al cuneo del lobo occipitale. È nascosta nel solco longitudinale mediale tra i due emisferi cerebrali. Wikipedia”
Più il precuneo aveva una massa di materia grigia più grande e maggiore era la sensazione di felicità che percepivano le persone e sentivano meno la tristezza.
Naturalmente tutto ciò è relativo perché le persone, nell’avere più o meno momenti di tristezza o di gioia, hanno bisogno di altre situazioni della vita interne ed esterne per ottenere la felicità.
Perché la felicità è così importante?
Ci si potrebbe chiedere perché la felicità è così importante nella vita.
Sembra che la soddisfazione, il significato e il benessere della vita possano essere collegati alla felicità.
June Silny a Happify, la piattaforma “scientifica” che insegna la felicità, delinea 14 risposte alla domanda, “cosa c’è di così bello nella felicità”.
- Le persone felici hanno più successo in più campi nella vita, tra cui matrimonio, amicizia, reddito, rendimento lavorativo e salute.
- Le persone felici si ammalano meno spesso e hanno meno sintomi quando si ammalano.
- Le persone felici hanno più amici e un sistema di supporto migliore.
- Le persone felici donano di più alla beneficenza.
- Le persone felici sono più disponibili e più propense a fare volontariato.
- Le persone felici sono più ottimiste e questo allevia il dolore e la tristezza.
- Le persone felici hanno un’influenza positiva sugli altri e li incoraggiano anche a cercare la felicità.
- Le persone felici si impegnano in conversazioni più profonde e più significative.
- Le persone felici sorridono di più, il che è benefico per la salute.
- Le persone felici fanno attività fisica più spesso e mangiano più sano.
- Le persone felici sono soddisfatte di ciò che hanno e non sono gelose degli altri.
- Le persone felici sono più sane e hanno più probabilità di essere in salute in futuro.
- Le persone felici vivono più a lungo.
- Le persone felici sono più produttive e più creative.
Le persone possono imparare a essere felici?
Secondo lo studioso Michael W. Fordyce ci sono dei punti importanti per apprendere comportamenti o pensieri per essere più inclini alla felicità.
Michael W. Fordyce (14 dicembre 1944 – 24 gennaio 2011) è stato uno psicologo e un pioniere nel campo della misurazione e dell’intervento empirico della felicità.
Come precursore che si avvicinava alla “felicità” come scienza applicata, ha inaugurato il ramo accademico moderno di Positive Psychology.
Wikipedia
Fordyce ha fornito un articolo sulla misurazione della felicità alla rivista Social Indicators Research, che si è classificata negli articoli più citati della rivista al 2.4%.
Ha dimostrato che la felicità può essere misurata statisticamente e aumentata intenzionalmente (cioè attraverso un comportamento “volitivo”).
Cosa dobbiamo fare per essere felici o più felici?
- Restare nel “qui e ora”, cioè investire sul presente e valorizzando quello che stiamo facendo.
- Essere se stessi facendo vedere che abbiamo pregi e difetti e che se qualcuno vuole la nostra amicizia può vedere come siamo realmente.
- Le relazioni intime si basano sul piacere e sulla qualità del rapporto che rende felici.
- Spostare i pensieri negativi non accumulandoli come un palloncino che sta per scoppiare.
- Aumentare l’autostima cercando le situazioni in cui emergiamo di più e sforziamoci di aumentarle un po’.
- Socializziamo anche se non ne abbiamo voglia perché potrà servirci più tardi.
- Teniamoci attivi e occupati anche fisicamente e questo migliorerà il nostro benessere.
- Cerchiamo di avere un lavoro che ci dia un minimo di soddisfazioni e di gratificazioni.
- Non poniamoci obiettivi troppo grandi ma procediamo per piccoli step, in qualunque campo.
- Se non riusciamo a risolvere subito un problema, rimandiamolo, cercando di liberare la mente e così ci sarà lo spazio per nuove strategie.
- La ricerca della felicità deve essere prioritaria nella vita di tutti i giorni.
L’incontro con Cesare Musatti
Molti anni fa fui ospite presso una cara amica, psicoanalista a Verona, Almachiara Dusi Cometti, amica del professore Cesare Musatti che conobbi perché era suo ospite e con il quale ebbi la fortuna di passare due giorni.
Quando lo incontrai la mattina a colazione mi raccontò, con quella sua voce profonda, il sorriso dolce e gli occhi vispi come se avesse avuto 30 anni, mentre ne aveva quasi 90, che ogni mattina si svegliava contento chiedendosi: “Chissà che cosa mi riserva questo giorno?”.
Il grande psicoanalista e curatore delle opere di Freud, con una vita lunga e travagliata con gravissimi lutti, aveva un motto: “Vivere ogni giorno come fosse il primo e l’ultimo”.
Vivere positivamente, con rapporti con il mondo piacevoli e pensare ad un futuro pieno di fiducia come pensava Cesare Musatti, è, forse, vivere la vita e la felicità.
Freud e l’indagine sulla felicità
Freud in “Il disagio della civiltà” ( 1929), scrive: “La nostra indagine sulla felicità non ci ha finora insegnato molto di più di quanto è già universalmente noto. Anche se, procedendo, ci domandiamo perché sia così difficile agli uomini essere felici, non sembra che abbiamo molte probabilità di scoprire qualcosa di nuovo”.
La psicologia dietro la felicità
La psicologia può essere dietro la felicità perché facendo delle sedute di psicoterapia si consegnano alla psicoterapeuta dei pensieri personali mai detti a nessuno.
Quando condividiamo le difficoltà con una persona che pensiamo possa aiutarci facciamo un passo avanti verso pensieri che diventano più positivi e, conseguentemente, più produttivi per nuove strategie.
I problemi possono essere condivisi e elaborati con una persona esente da giudizi e che può portarci a capire meglio quello che siamo e quello che vogliamo e a portarci verso una nuova serenità.
Giornata mondiale della gentilezza
La conferenza che si è tenuta a Tokyo nel 1997 del World Kindness Movement fece promuovere la festa internazionale, in tutto il mondo della gentilezza e istituita in Italia nel 2000 con una frase di Claudio Baglioni: “La gentilezza è rivoluzionaria”.
Perché è importante ricordarci della gentilezza?
Mai come ora il mondo ha bisogno di diventare un posto migliore e praticare la gentilezza come stile di vita e con rispetto.
Il “Movimento Italia Gentile” con le sue coordinatrici Tania Cefis e Tatyana Olivieri spiegano il concetto di gentilezza affermando che: ”Alimentata dalla compassione, la gentilezza si riflette in un atteggiamento di riguardo verso la preziosità della vita. E non si limita soltanto ai rapporti con gli altri, ma abbraccia anche il rapporto con noi stessi”.
Viviamo in un mondo che sentiamo sempre più impersonale, lontano e estraneo dove bisogna adottare la gentilezza per creare un cerchio virtuoso di emozioni positive intorno a noi dove devono convivere la cooperazione, l’altruismo e la relazione con noi stessi e con gli altri per ridurre l’ansia e la paura.
Nella psicologia la gentilezza condiziona profondamente la nostra salute mentale riducendo lo stress e favorendo la calma e il benessere e diventando più collaborativi, socievoli, empatici e migliorando la nostra salute fisica.
Essere gentili rafforza la fiducia nelle nostre capacità e l’autostima, specialmente negli adolescenti che sperimenteranno la sensazione di realizzazione e efficacia in loro stessi.
Proviamo ad esprimere gentilezza con piccoli gesti giornalieri e semplici (ringraziare per piccoli gesti, sorridere o esprimere un complimento gratificante) che ci renderanno felici perché esprimeranno negli occhi dell’altro questa felicità.
“Amor al cor gentil ratto s’apprende. (Dante Alighieri)”
Bibliografia
- Freud S., Opere, Boringhieri, Torino 1978 , vol X, “Il disagio della civiltà” 1929.
- Argyle M.,” Psicologia della felicità” Cortina,Milano 1987.
- DSM-5 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders.
- Aristotele, “Etica Nicomachea”, Rusconi, Milano 1993.
- Lacan J., Scritti vol I°, Einaudi, Torino, 1974“ Aldilà del Principio di realtà” 1936.
- Legrenzi P., 1998, “La felicità”, Il Mulino, Bologna.
- Seligman M., “Imparare l’ottimismo”, Giunti Edizioni.
- Fordyce M., “A program to increase happiness: Further studies” 1977
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