C’è un diritto alla sessualità inteso come diritto alla prevenzione e alla salute, come previsto dalla Costituzione e quindi anche per la disabilità.
- La sessualità secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
- Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNICEF)
- Quante sono le persone disabili in Italia?
- Sessualità: disabilità fisica e disabilità cognitiva
- La sessualità è un bisogno, anche per un disabile
- Sessualità, identità ed handicap
- Assistenza sessuale per disabili
- LoveGiver: assistenza sessuale
Infatti disabilità e sessualità la ritroviamo come affermazione nella premessa della Dichiarazione universale dei diritti sessuali del XV Congresso Mondiale di Sessuologia, tenutosi a Hong Kong nel 1999.
Le barriere fisiche, costituite da scale, da dislivelli, da luoghi poco accessibili sono tangibili, individuabili e, con un po’ di buona volontà, anche facilmente superabili ed eliminabili.
Le barriere di tipo culturale sono un discorso diverso perché sono di difficile identificazione e non riconducibili a un intervento specifico o ad una serie di interventi ma a un sistema, a delle strutture mentali e a dei condizionamenti che richiedono dei processi di cambiamento nel lungo periodo.
È difficile e complesso intuirne e definirne tutte le variabili e prevederne con certezza lo sviluppo.
Età, genere, classe, razza, orientamento sessuale sono le dimensioni classiche in base alle quali si individuano i gruppi sociali svantaggiati.
In questo mio breve video faccio un introduzione all’argomento sessualità e disabilità:
La sessualità secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS,2002) ha definito la sessualità come elemento centrale nella vita degli esseri umani.
Secondo l’OMS:
“la sessualità è fonte di piacere, di salute e benessere, di comprensione, riguarda la soddisfazione dei bisogni umani di contatto, intimità, espressione emozionale, tenerezza e amore e genera nelle persone atteggiamenti positivi verso sé e verso gli altri.
(OMS, 2002).
Il concetto di sessualità include l’identità di genere e i ruoli, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione.
Ogni persona, in qualunque momento della sua vita, può trovarsi in una condizione di salute che, in un ambiente negativo, diviene disabilità.
La disabilità non è una caratteristica della persona, ma il risultato dell’interazione tra la situazione personale e un contesto sociale sfavorevole che può limitare o restringere le capacità funzionali e di partecipazione sociale“
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNICEF)
Sul tema della sessualità, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità dice (articolo 25 punto (a) a pag. 20):
“Fornire alle persone con disabilità la stessa gamma, qualità e standard di servizi e programmi sanitari, gratuiti o a costi sostenibili, forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nell’area sessuale e di salute riproduttiva e i programmi di salute pubblica inerenti alla popolazione.”
Quante sono le persone disabili in Italia?
Le persone disabili in Italia, secondo una ricerca dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nella Regioni Italiane sono circa 4 milioni e 360 mila.
Sappiamo che 2 milioni e 600 mila ha un’età superiore a 65 anni e vive nelle regioni del mezzogiorno.
L’ISTAT nel suo ultimo rapporto del 2013, stima che ci sia un numero di persone, con qualsiasi tipo di disabilità, classificate in circa 13 milioni e 170 mila.
Vediamo che, complessivamente, la popolazione italiana ha il 25,5% di persone disabili dove prevalgono le persone anziane con il 61,1% e le donne con il 54,7%.
Sessualità: disabilità fisica e disabilità cognitiva
Nei confronti della disabilità fisica e della disabilità cognitiva i dei bisogni che comportano sono cambiati, in positivo, molti atteggiamenti e si intravedono una maggiore apertura e minore compassionevolezza.
Però resiste ancora una discriminazione più nascosta, per certi versi più tollerata, ed è quella di tipo estetico, nei confronti di chi ha un corpo “diverso” e che si riflette sulla vita relazionale, affettiva e sessuale delle persone e sulla salute psicofisica di chi ne è privato.
Non solo rispetto a dei comportamenti discriminatori si ha difficoltà a percepirli come tali, ma anche i motivi per cui si discrimina non sono facilmente definibili per il portatore di handicap.
In una cultura ossessionata dalla perfezione fisica, dall’immagine, dai modelli e dal mito della giovinezza, non è possibile rientrare nei canoni estetici dominanti.
La causa di tutto ciò dipende dall’aspetto fisico, di un corpo diverso dovuto a senescenza, obesità, menomazione, disabilità, deturpamenti, malformazioni e malattie sfiguranti e significa, spesso, avere molte meno opportunità di relazionarsi, di scegliere se e con chi interagire a livello più intimo della semplice conoscenze e amicizia.
Se sono presenti anche gravi problemi funzionali che non consentono una piena padronanza del corpo, il rischio di esclusione è ancora più alto.
La visione stereotipata del corpo “diverso” contribuisce a creare l’immagine di un corpo asessuato, oggetto di cure e mai soggetto di desiderio nei diversamente abili.
Diversità uguale bruttezza?
Chi viene associato al concetto di “diversità” e “bruttezza” fisica, si ritiene, spesso, che a causa della propria condizione non possa desiderare o aspirare al piacere del contatto fisico e a una vita sessuale e affettiva soddisfacente, cosi come avviene con persone esteticamente “normodotate”.
C’è una scala di valori consolidata, anche se non esplicita, che fissa il valore dell’esistenza delle persone svantaggiate a un livello immensamente distante rispetto a quello delle persone socialmente inserite.
C’è chi ha tutte le possibilità e occasioni per vivere pienamente ogni emozione a livello relazionale e affettivo e, a volte, lo dà per scontato e c’è chi invece non ha niente e può solo immaginarlo.
In una società condizionata pesantemente da dei canoni estetici, un individuo il cui involucro presenti gravi “difetti di confezionamento” è destinato a una privazione non solo in termini affettivo-relazionali e sessuali ma anche di contatti fisici.
Un corpo diverso
Anche gli abbracci, le carezze o le piccole manifestazioni fisiche che, di per sé, non sono necessariamente connotati da sessualità, vengono dispensati con difficoltà a chi ha un “corpo diverso” o disabilità o è afflitto da obesità, anzianità, deturpazioni e malformazioni.
Conseguentemente sperare in un contatto fisico ancora più profondo e più intimo è ancora più illusorio.
C’è una specie di invisibilità e di privazione di uno dei bisogni più importanti: quello di sentirsi desiderati e di vivere con intensità le emozioni anche nella disabilità e sessualità.
È faticoso, se non impossibile, essere desiderati o amati quando il corpo, l’aspetto fisico suscitano affetto, compassione e tenerezza e mai sensualità, attrazione e passione.
Nel nostro contesto è culturalmente difficile pensare che il portatore di handicap possa aspirare all’incontro, alla seduzione, all’innamoramento, al corteggiamento.
Sappiamo che la vita, di per sé, non è sempre così difficile; sono le relazioni che la complicano e la mancanza di autostima e di una conoscenza di sé è uno dei freni per un naturale approccio verso l’altro sesso.
La sessualità è un bisogno, anche per un disabile
La sessualità è un bisogno anche per un disabile perché ogni persona, con la propria unicità, aspira ad amare ed essere amata fisicamente, a essere desiderata e vivere e condividere delle sensazioni fisiche anche quando ha problemi di disabilità.
Questa situazione può generare disistima, senso di inadeguatezza, ricadute sulla salute e, per timore di essere rifiutati, portare anche a disinvestire nei rapporti sociali, all’isolamento e alla perdita di ogni diritto a sentirsi vivi, accettati e felici al di là della propria condizione.
Ogni essere umano ha bisogno di sentire di essere importante per qualcun altro o che qualcun altro provi interesse per lei in quanto persona che, per sentirsi tale, ha bisogno di vivere l’emozione dell’incontro, il calore e la sensualità di un contatto fisico, la condivisione di sentimenti e piaceri.
Tutto questo aiuta a sentirsi più sicuri e ad avere più fiducia, più autostima e automotivazione alla cura di sé, anche con l’aiuto dell’assistente sessuale.
Significa sviluppare ed espandere le risorse cognitive ed emotive, agevolare l’identificazione, l’iniziativa autonoma e avere benefici effetti sull’organismo.
L’handicap è sia una condizione sia un processo che può riguardare tutte le persone e che si sviluppa in modo differenziato secondo i contesti familiari, culturali, sociali nei quali esso avviene.
È una condizione in cui ognuno può venire a trovarsi, in modo temporaneo o permanente, per nascita, per patologie, traumi, senilità, disfunzioni e che può impedire di scegliere e vivere una vita relazionale ed intima soddisfacente.
Anche chi ha handicap e gravi patologie ha bisogno, come tutti, di sensualità, di calore corporeo, del contatto fisico-erotico, di massaggi con un certo grado di sensualità o anche solo di abbracci spontanei e carezze non compassionevoli.
Corpo, sessualità ed handicap
Lo sviluppo emotivo e sessuale delle persone con handicap è importante per la crescita personale ed emotiva, la salute, il benessere psicofisico, sociale, la sessualità e il corpo.
Attraverso il corpo percepiamo le esperienze ed entriamo in contatto con gli altri.
Le questioni relative alla sessualità nelle persone disabili e il loro ambiente rappresentano ancora un argomento poco affrontato.
Non è raro riscontrare che venga loro reso difficile o represso tale diritto, in particolare quando si tratta di disabilità intellettive e psichiche.
Nel corso degli anni la mentalità in tema di sessualità è sensibilmente cambiata e ha permesso una migliore comprensione dei bisogni delle persone ma permangono le idee sbagliate.
Esistono luoghi comuni, resistenze e atteggiamenti negativi nei confronti della sessualità delle persone disabili.
Il peso di questi pregiudizi influenza e condiziona ancora la società, le famiglie e gli individui e genera incertezze, paure e resistenze culturali.
La conseguenza negativa è che le esigenze delle persone siano spesso negate e rimosse e si eviti ogni situazione e comportamento con connotazioni sessuali
Condizione sessuale ed identità
Se si nega la condizione sessuale, si nega l’identità stessa della persona, anche delle persone diversamente abili.
Ci sono molti modi, come esseri umani, di vivere la sessualità ma una persona che ha la possibilità di esprimere sé stessa sessualmente attraverso emozioni e il piacere che ne deriva, può avere una migliore qualità di vita.
Invece, chi ha un corpo “diverso”, un aspetto poco o per nulla attraente e che può suscitare rifiuto, qualunque sia la sua condizione, vive una doppia discriminazione:
- La prima, di non avere opportunità e occasioni di contatto fisico e di vedere limitata la possibilità di esprimere la propria sessualità.
- La seconda, di non potersi permettere di esprimerla liberamente e nelle modalità più affini alla propria identità, alle proprie fantasie e ai propri desideri.
Qualcuno può pensare che la soluzione ideale possa essere allora il ricorso a una prestazione sessuale a pagamento, sia maschile che femminile.
Spesso si tratta però di rapporti senza carezze, senza la dolcezza sperata, che non lasciano soddisfatti e non piacciono a tutti.
C’è anche chi non vuole ricorrervi e che non sia semplice farlo, sia per questioni pratiche, sia per l’eventuale rifiuto opposto da chi dovrebbe fornire la prestazione.
Anais Nin “Noi non vediamo le cose come sono. Noi vediamo le cose come siamo”
Il poeta inglese Joseph Merrick, riferendosi alla fibromatosi, l’anomalia genetica che lo aveva reso famoso come “l’Uomo Elefante” diceva: “Gli uomini hanno paura di ciò che non capiscono”.
Nonostante fosse un poeta brillante e dotato di una interiorità rara per il suo tempo, quasi nessuno lo considerò mai un vero essere umano, un proprio pari e, ancora oggi, è ricordato come “l’Uomo Elefante”, il fenomeno da baraccone più famoso d’Inghilterra.
Persone con disabilità
Essere persone con disabilità non dovrebbe significare vivere una vita parallela, in una società parallela, fatta di cose su misura, di percorsi diversi, di opportunità ridotte.
La società è il luogo dei rapporti che ci consente di diventare quello che siamo autonomi, sicuri di noi, capaci di scelte, attraverso il cammino dell’identificazione personale e l’espressione di sé. È un percorso di cambiamento.
Non è solo questione di barriere, non è solo questione di diritti, così come non è solo questione di sessualità negata a cui rispondere con un servizio (anche se necessario e atteso).
E’ anche questione di come si pensa, si guarda, si percepisce e ci si guarda e ci si percepisce. Sono lo sguardo e la prospettiva che devono diventare diversi.
Non è la disabilità l’ostacolo ma l’incapacità di vedere ciò che c’è e nel considerare la disabilità, le imperfezioni fisiche, i “corpi diversi” come una espressione della varietà umana.
In una società in cui il corpo dei diversamente abili è invisibile perché considerato non conforme agli standard estetici e funzionali, dare a questo visibilità, diventa un atto politico necessario e rivoluzionario.
Paradossalmente, questa società invita le donne e gli uomini a mostrare il corpo, ad essere belli, attraenti e seducenti, mentre alle persone con un corpo “diverso” chiede il contrario, di nascondere il proprio fisico, di non essere “belli”.
Cambiamento culturale per una vita relazionale e un’intimità sessuale
Bisogna promuovere un cambiamento culturale e superare le barriere culturali e fisiche legate all’aspetto.
Tutto ciò può ostacolare il diritto e l’aspirazione a una normale vita relazionale, intima sessuale e sentimentale da parte delle persone con disabilità.
Si dice che conti di più come si è dentro e non come si è fuori.
Si pensa che la bellezza sia un concetto relativo.
Dicono che la bellezza non sia tutto e non sia così importante, oggi “importante è essere belli dentro” non lo dice, e non ci crede, più nessuno.
Anche nella disabilità ci sono le stesse problematiche. Se il disabile è di aspetto gradevole e di carattere aperto, riesce più facilmente a far superare, negli altri, l’idea della carrozzina.
Un viso devastato da sindromi varie che lo deturpano, pur avendo un fisico ”normale”, porta invece al rifiuto da parte degli altri, all’impossibilità di suscitare attrazione e di aspirare a dei contatti fisici.
Corpo, aspetto fisico: barriere insormontabili
Ciò che costituiscono un ostacolo sono il pregiudizio, l’ipocrisia e l’aspetto fisico. È il corpo, esteticamente parlando, la vera barriera insormontabile.
Le abilità di fascinazione di una persona nei confronti degli altri possono dipendere da molti fattori, ma il ruolo più importante, soprattutto nello stimolare il desiderio, l’attrazione, lo gioca l’aspetto fisico.
Tutto questo può essere messo in crisi da un viso sgraziato o deturpato, da una menomazione, da una deformità, dall’obesità, dalle conseguenze dell’invecchiamento.
Bello è qualcosa che è capace di appagare l’animo attraverso i sensi, qualcosa che attrae, che colpisce e che spinge a soffermare o girare lo sguardo senza reprimere un senso di meraviglia, un anelito di desiderio, finendo per condizionare il nostro giudizio.
La bellezza è comunque qualcosa che va oltre i soli canoni estetici.
È una sensazione che colpisce e non lascia indifferenti, è un’esperienza così forte da influenzare le proprie scelte e le proprie aspettative.
Paul Valéry affermava che “definire il bello è facile: è ciò che fa disperare” ponendo l’accento sulle contraddizioni che sottintende il concetto di bellezza: la fatica per raggiungerla e conservarla, oppure l’uso indiscriminato per sfruttarla a fini promozionali.
Ogni epoca, ogni civiltà, ogni etnia hanno avuto e hanno i loro canoni per definire il concetto di bellezza, ma sempre come qualcosa che ha il potere di risvegliare nell’uomo piacere, qualità e salute.
L’ossessione nei confronti della bellezza, dell’essere giovani e dell’immagine, ha in parte mutilato le nostre capacità sociali di evolvere a stadi superiori di apertura e creatività mentale.
Sessualità, identità ed handicap
La sessualità è una energia insopprimibile, legata all’identità e alla crescita interiore anche delle persone con handicap.
Non è facile accettare l’idea di aver vissuto senza mai essere stati oggetto di un desiderio, di una passione fisica a causa del proprio aspetto.
Viviamo in una società che dimentica troppo spesso che non siamo tutti uguali e che le disabilità si creano quando si nega la possibilità a qualcuno di essere libero di vivere la vita in piena autonomia e di realizzarsi come individuo.
L’indifferenza, anche se inconsapevole, è la prima e più subdola forma di cattiveria umana.
Un sistema socioeconomico che generi diseguaglianza, genera diseguali e provoca dolore e il dolore lascia cicatrici.
Ogni cittadino si realizza all’interno di un sistema sociale ma anche e, soprattutto, di relazioni fisiche e affettive.
Ogni individuo tende alla soddisfazione dei propri bisogni e, di solito, le persone sono in grado di soddisfarli autonomamente.
La possibilità di soddisfare autonomamente un bisogno può essere limitata da varie condizioni e disabilità e, in modo particolare, nei confronti delle attività affettivo-sessuali.
Assistenza sessuale per disabili
L’assistenza sessuale per disabili potrebbe consentire sia ai disabili fisici, sia a quelli intellettivi e psichici, di superare e attenuare lo svantaggio e l’impossibilità di vivere relazioni fisiche ed esperienze sensoriali, visive ed emotive.
L’assistenza sessuale per disabili svolge una funzione pratica ed essenziale per consentire di accedere a ciò che culturalmente e socialmente viene negato.
La sessualità non si esprime solo a livello genitale ma anche attraverso segni di affetto e di contatto, le emozioni, il piacere, e sul piano della salute può risolversi anche semplicemente con l’autoerotismo, sempre che la propria condizione non lo impedisca.
La sessualità espressa reciprocamente con uno o più partner presuppone che ci siano le condizioni e le premesse che facilitino l’incontro, la conoscenza e l’esplorazione.
L’assistente sessuale o “love giver” può aiutare ad accogliere e non reprimere le diverse istanze del proprio corpo, dei sensi e delle emozioni.
Il lovegiver aiuta a costruirsi una sessualità intesa non solo come piacere genitale ma come modalità pervasiva di esprimere se stessi, come piacere di comunicare e riconoscersi.
La legge 68/99, regolamenta l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili in base a un principio di pari opportunità.
Occorrerebbe, fin dalla scuola, facilitare la conoscenza e consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui e promuovere una visione più ampia di fisicità e varietà nelle relazioni, per migliorare le possibilità, in termini affettivi, di ogni essere umano.
Lo psicologo Andrea Battantier dice:
“Ognuno di noi è un’opera d’arte. Non sarà mai amata da tutti, ma per chi ne coglierà il senso avrà un valore inestimabile”.
LoveGiver: l’assistente sessuale
LoveGiver, il Comitato che è nato per la promozione dell’assistenza sessuale, si prefigge lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere anche in Italia, come avviene in altri paesi europei, il riconoscimento delle pratiche di assistenza sessuale e della figura dell’assistente sessuale.
Particolarmente, al fine di consentire anche alle persone disabili e a tutte le persone in situazione di emarginazione affettiva e sessuale, di pervenire a un benessere psicofisico ed emotivo.
Soprattutto all’acquisizione di fiducia in sé stessi e a vivere un rapporto diverso e positivo con la propria fisicità.
L’intervento di assistenza per il benessere psicofisico, emotivo e sessuale non è però limitato al conseguimento del piacere fisico ma è esteso all’acquisizione di competenze socio-relazionali ed emotive.
Tutto ciò per una gestione il più possibile autonoma, della sessualità e dell’intimità, favorendo una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé e una più adeguata capacità di prendersi cura del proprio corpo e della propria persona migliorando così il rapporto con la propria sfera relazionale/sessuale.
La sessualità è vissuta o espressa in fantasie, desideri, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni.
Queste diverse dimensioni non sono sempre nel loro insieme vissute o espresse da tutti, in quanto la sessualità è il risultato dell’interazione di più aspetti:
- Biologico
- Psicologico
- Emotivo
- Socioeconomico
- Culturale
- Etico e spirituale.
La sessualità è parte integrante dello sviluppo psichico e della personalità ed elemento essenziale e costitutivo, e rappresenta una energia e un bisogno insopprimibili, influenzando gli atteggiamenti e i comportamenti di ogni individuo.
Bibliografia
- M. Ulivieri, LOVEABILITY, Erickson, Trento, 2014